Buongiorno. Mi chiamo Sebastian Scheerer. Ho insegnato all'università de Hamburgo in Germania fino al questo anno e ora sono andato in pensione. Questo fatto me ha permisso di cominciare a imparare italiano con professore Simone due settimane fa.

Come sapete passeremo insieme i prossimi due giorni.

Oggi vorrei presentare il mio schema e parlare un pò dei concetti e della storia dell'abolizionismo.

Domani vorrei discutere l'abolizionismo penale nelle sue molteplice forme.

Concetti

Il termine a. può referirse tanto a un fenomeno storico-politico (l'abolizione della schiavitù nei seculi diciottesimo e dicianovesimo) quanto, genericamente, a ogni movimiento e ogni concetto teorico che ha come obiettivo di superare alcune istituzioni del diritto considerate repressive e ingiuste.

Il termine viene genericamente usato anche in riferimento a quelle correnti di pensiero o movimenti politici e sociali che si battono per l'abolizione di leggi, costumi o consuetudini ritenute non più adeguate ai tempi e ingiuste (it.wikipedia: abolizionismo)

È un'istanza morale basata su considerazioni umanitarie che emergono nella cultura illuministica o cristiana. È un'ìnstanza morale

primo, per l'abolizione del commercio degli schiavi e la soppressione della schiavitù che nasce e si sviluppa in Europa e in America tra la fine del secolo XVIII e il secolo XIX

segondo, per l'abolizione de tutti le elementi repressive e ingiuste nel diritto e nel stato. Storicamente, per essempio, si parlava in particolare di abolizionismo nel caso dei movimenti che negli anni sessanta del secolo dicianovesimo in Inghilterra che sostenava la necessità dell'abolizione della regolamentazione della prostituzione, negli anni trenta del secolo vigesimo negli Stati Uniti la necessità di porre fine a quelle leggi che proibivano l'uso di bevande alcoliche (proibizionismo), e finalmente si parlava di abolizionismo riferindose alla pena di morte, al carcere e al diritto penale (abolizionismo penale).

Der strafrechtliche Abolitionismus bezeichnet Lehren und Bestrebungen zur Abschaffung kriminalrechtlich institutionalisierter Zwangsverhältnisse - der Todesstrafe, der Gefängnisse und gelegentlich auch des gesamten staatlichen Strafrechts- und Kriminaljustizsystems.

Indice [nascondi] 1 L'abolizionismo teorico 2 La morale cristiana e l'abolizionismo 3 L'abolizionismo per l'Impero e la Chiesa nel Cinquecento 4 Il dibattito sull'abolizionismo 5 Le tesi di Juan Ginés de Sepúlveda 6 Le tappe dell'abolizione nel mondo 6.1 Francia 6.2 Inghilterra 6.3 Paesi extraeuropei 7 Le motivazioni economiche dell'abolizionismo 8 Note 9 Bibliografia 10 Schiavitù e abolizionismo nei film 11 Voci correlate 12 Altri progetti L'abolizionismo teorico[modifica | modifica wikitesto]

Il mercato degli schiavi (Gustave Boulanger). Nel mondo antico, che definiva giuridicamente lo schiavo neppure un animale ma un "istrumentum vocale", un utensile provvisto di voce, la volontà di trattare umanamente gli schiavi o addirittura di abolire la schiavitù era presente in filosofi come Seneca che riteneva essere la schiavitù una istituzione priva di ogni base giuridica, naturale e razionale. Per questo, diceva, gli schiavi vanno trattati come tutti gli altri esseri umani («servi sunt, immo homines» sono servi anzi uomini) e così per le differenze sociali: "Che significa cavaliere, liberto, schiavo. Sono parole nate dall'ingiustizia." (Epistole, 31). Ma in fondo, aggiungeva, la vera schiavitù è quella che assoggetta gli uomini alle passioni e ai vizi. Tutti noi siamo schiavi spiritualmente e solo la filosofia può liberarci. Quindi vi è nel mondo un'ingiustizia di fondo verso cui è inutile ribellarsi.

Il supremo valore dell'uguaglianza di tutti gli uomini per cui lo schiavo è pari al suo padrone venne proclamato dal Cristianesimo, ma nella pratica il principio religioso venne a scontrarsi con le strutture sociali che da secoli codificavano la schiavitù, su cui si basava l'intero sistema economico, e dové necessariamente adattarsi al compromesso per cui gli schiavi rimasero tali di fatto e di diritto.

Del resto tutte le storture della società erano la conseguenza del peccato originale. Scriveva l'abate Smaragdo di Saint-Mihiel sotto Luigi il Pio «Non è la natura che ha fatto gli schiavi è la colpa» e allo stesso modo nel VI secolo Isidoro di Siviglia: «La schiavitù è un castigo inflitto all'umanità dal peccato del primo uomo», e

« Poiché la vita presente non è che un luogo di passaggio transitorio e cattivo per definizione , poiché il grande problema di quaggiù è di prepararsi alla Vita Eterna, intraprendere una riforma da capo a fondo dell'ordine sociale stabilito nella speranza di portare il trionfo di una felicità di per sé impossibile, non potrebbe essere che un'opera vana; assai di più uno sperpero sacrilego di forze che dovevano essere riservate per un compito più urgente e più alto...[1] » La Chiesa stessa quindi, diventata un'istituzione, possedeva un gran numero di schiavi e se qualcuno, in aderenza alla parola evangelica, voleva mettere in pratica il principio cristiano dell'eguaglianza in Cristo di tutti gli uomini, questi andava severamente condannato. Nel concilio di Granges (324) si affermava: «Se qualcuno sotto il pretesto della pietà, spinge lo schiavo a disprezzare il suo padrone, a sottrarsi alla schiavitù, a non servire con buona volontà e rispetto, che egli sia scomunicato»[2] Un problema particolare si poneva poi alla Chiesa riguardo alla possibilità degli schiavi di essere consacrati al sacerdozio: cosa da tutti ritenuta impossibile poiché un uomo come lo schiavo sottoposto secondo la legge al potere assoluto di un padrone non avrebbe avuto l'indipendenza e la libertà necessaria a chi dispensava i sacramenti.

La morale cristiana e l'abolizionismo[modifica | modifica wikitesto] In questo modo la Chiesa confermava l'accettazione della schiavitù ma nello stesso tempo introducendo validità religiosa ai matrimoni contratti dagli schiavi e promuovendo la pia pratica dell'affrancamento, non un dovere ma un atto raccomandabile, contribuiva concretamente all'abolizione della schiavitù che ad opera dei re cristiani sparì quasi del tutto in Europa alla fine del X secolo[3] pur sopravvivendo però quella forma di transizione dalla condizione di schiavo a quella di libero rappresentata dalla servitù della gleba[4] che permase in Europa sino al XIX secolo quando fu abolita con l'emancipazione decisa in Russia nel 1861 dallo zar Alessandro II.

La Chiesa con papa Gregorio XVI aveva già nel 1839 proclamato l'abolizione dello schiavismo.

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi La Chiesa cattolica e lo schiavismo. L'abolizionismo per l'Impero e la Chiesa nel Cinquecento[modifica | modifica wikitesto] Si tornò in Europa a discutere di abolizione della schiavitù con la scoperta del Nuovo Mondo che entrò a far parte dell'Impero spagnolo. Carlo V nel decreto del 1526, su parere del Consiglio Reale delle Indie, istituito per la protezione degli Indios, proibiva la schiavitù in tutto l'Impero.

Il 2 giugno del 1537, papa Paolo III in una sua lettera Veritas ipsa indirizzata al cardinale Jean de Tavera, arcivescovo di Toledo, dichiarava che gli Amerindi sono esseri umani che hanno diritto alla libertà e alla proprietà condannando decisamente la pratica della schiavitù: argomenti questi ribaditi ufficialmente, quasi con le stesse parole, con la bolla pontificia Sublimis Deus pubblicata pochi giorni dopo.

La scoperta del Nuovo Mondo aveva infatti posto nuovi problemi teologici alla Chiesa. «Già la stessa esistenza della popolazione americana su terre così lontane da ogni altro continente conosciuto faceva sorgere la questione di spiegarne l'origine e il passaggio sul Nuovo Mondo in maniera conforme al racconto della Genesi...» e d'altra parte veniva a mancare «...quella che era stata una convinzione unanime dei teologi medioevali che cioè non esistesse alcun paese al mondo in cui il Vangelo non fosse stato predicato» (R. Romeo, Le scoperte americane nella coscienza italiana del Cinquecento, Ricciardi, Milano-Napoli, 1959)

Si trattava di stabilire «quali possibilità di salvezza avesse l'uomo virtuoso rimasto nell'ignoranza della religione» (op.cit.ibidem)

La Chiesa rispose in maniera straordinariamente moderna sostenendo che anche i popoli rimasti fuori della Chiesa potevano partecipare della salvezza grazie all'assistenza diretta dell'Onnipotente. Il che voleva dire affermare la fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini e di tutte le nazioni così come avrebbe sostenuto il frate Bartolomeo de Las Casas che difendendo l'indigeno americano difendeva l'uomo in quanto tale.

Il dibattito sull'abolizionismo[modifica | modifica wikitesto]

Dipinto rappresentante il domenicano Bartolomé de las Casas. Nonostante le leggi protettive delle popolazioni d'America continuò lo sfruttamento degli Indios al punto che fin dal 1516 il frate Las Casas per evitarne l'estinzione totale si era fatto promotore del trasferimento in America dei negri dell'Africa e ciò veniva auspicato anche per motivazioni economiche in quanto i negri apparivano assai più idonei a resistere alle fatiche. Era chiaro anche che con i massacri degli Indios: «Vostra Maestà e la sua reale corona perdono grandi tesori e ricchezze che in tutta giustizia potrebbero ottenere , tanto dai vassalli indiani, quanto dalla popolazione spagnola, che se lasciasse vivere gli indiani, diverrebbe grande e potente, il che non sarà possibile se gli indiani muoiono».

Si stabilì così che ad ogni colono spagnolo fosse concesso il diritto di importare dodici negri africani con l'obbligo di liberare e rimandare i suoi indiani ai loro villaggi e a quello che rimaneva delle loro terre. «Di questo consiglio il prete Las Casas si pentì grandemente, poiché poté vedere e constatare che la cattività dei Negri è altrettanto ingiusta che quella degli Indiani...che l'ignoranza in cui si trovava e la sua buona volontà lo facciano perdonare dal giudizio divino...» (Istoria o Brevissima Relazione della Distruttione dell'Indie Occidentali di Mons. Reverendissimo Don Bartolomeo Dalle Case, Sivigliano dell'ordine dei Predicatori trad. di G.Castellani, Venezia, 1643)

La Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie occidentali che il Las Casas inviò al re di Spagna nel 1542 denunciando il genocidio degli Indios causò l'accesa reazione dei coloni che, accusandolo di aver tradito la sua razza e la sua religione, lo costrinsero a lasciare la sua diocesi di Chiapas e a ritornare in Spagna.

Le tesi di Juan Ginés de Sepúlveda[modifica | modifica wikitesto]

Trasporto di schiavi in Africa. Di fronte alla relazione di Bartolomeo De Las Casas, la Spagna fu scossa da un vasto dibattito tra i sostenitori della schiavitù e gli "abolizionisti". A sostegno dei primi un alto funzionario, il cronachista imperiale Juan Ginés de Sepúlveda scrisse nel 1547 un Trattato sopra le giuste cause della guerra contro gli indi (in G. Gliozzi, La scoperta dei selvaggi. Antropologia e colonialismo da Colombo a Diderot, Principato, Milano, 1971)

Secondo Sepùlveda, rifacendosi anche all'autorità di Aristotele, gli Indios non sono uomini ma omuncoli, servi per natura. La loro essenza umana è tale da destinarli inesorabilmente a divenire schiavi. Essi nascono come servi in potenza che diverranno prima o poi schiavi in atto e che proprio «...per la loro condizione naturale , sono tenuti all'obbedienza, in quanto il perfetto deve dominare sull'imperfetto.». Le prove di questa loro inferiorità naturale risiedono nel fatto che essi sono privi di cultura e di leggi scritte, che per loro ignavia si sono lasciati conquistare da un così piccolo numero di spagnoli e che infine anche quelli ritenuti i più civili tra loro, gli Aztechi eleggono i loro re invece di più civilmente designarli per successione ereditaria.

«Le idee esposte da Sepùlveda» scrisse Laurette Séjourné, archeologa ed etnologa francese «furono biasimate dalle autorità stesse che avevano sollecitato l'aiuto del casista e il manoscritto fu successivamente rifiutato dal Consiglio delle Indie e dal Consiglio Reale, dopo che le venerabili Università di Salamanca e di Alcalà ebbero dichiarato l'opera indesiderabile «per la sua dottrina malsana» (in Antiguas culturas precolombinas, México, Siglo XXI de España editores, 1976.)[5]

Ma data la buona volontà del governo spagnolo per un umano trattamento degli Indios cosa nella pratica lo impediva? Innanzitutto era lo stesso sistema dell'encomienda, cioè dell'assegnazione ai coloni spagnoli non solo della piena disponibilità della terra ma anche degli indios che vi risiedevano con l'obbligo teorico dell'assistenza e della conversione al Cristianesimo. Inoltre data l'impossibilità di applicare il sistema feudale alle popolazioni americane l'ipotetico diritto dell'indio, vittima di angherie e crudeltà, di chiedere giustizia ad un'autorità superiore a quella del colono suo padrone, era possibile solo con un appello diretto al lontanissimo imperatore in Spagna, al Consiglio reale e supremo delle Indie corte suprema di giustizia per tutte le cause civili e penali dei regni americani.

Le tappe dell'abolizione nel mondo[modifica | modifica wikitesto] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Abolizione della tratta degli schiavi. Non a caso l'abolizionismo, come movimento politico comincia a tradursi in concreti atti di legge a cominciare dal 1700 contemporaneamente alla diffusione delle idee illuministiche di libertà e uguaglianza di tutti gli uomini.

Francia[modifica | modifica wikitesto] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Abolizionismo e Illuminismo.

L'abolizione della schiavitù In Francia, la voce "Tratta dei negri" dell'Encyclopédie redatto da Louis de Jaucourt nel 1776 condanna la schiavitù e il commercio degli schiavi che «viola la religione, la morale, le leggi naturali, e tutti i diritti naturali dell'uomo». Jacques Pierre Brissot fonda la Società degli amici dei Neri nel 1788; ma, malgrado gli sforzi dei suoi importanti membri, l'abate Henri Grégoire, Condorcet, non riesce ad ottenere l'abolizione dello schiavismo dall'Assemblea costituente. Solo il 4 febbraio del 1794 la Convenzione nazionale abolisce la schiavitù convalidando e estendendo la decisione unilaterale del commissario civile di San Domingo presa con il decreto d'abolizione della schiavitù del 29 agosto 1793.

In questo modo la Convenzione si proponeva di conseguire due risultati: sedare la rivolta degli schiavi in San Domingo e contrastare le minacce che venivano dai sostenitori della monarchia e una possibile invasione inglese. E in vero il decreto abolizionista non fu applicato in tutte le colonie francesi.

Sarà Napoleone a ristabilire con la legge del 30 floreale dell'anno decimo (20 maggio 1802) lo schiavismo nei territori d'oltremare. L'imperatore cedeva alle richieste della famiglia di sua moglie Giuseppina di Beauharnais che discendeva dai primi coloni di San Domingo e alle insistenze dei coloni bianchi che sostenevano di non poter più assicurare la loro sopravvivenza e quella delle loro piantagioni se non utilizzando una manodopera servile. Sempre in età napoleonica furono proibiti i matrimoni misti.

La necessità di dare ai francesi una costituzione di tipo liberale e un clima di pacificazione spinse Napoleone, dopo il ritorno in Francia dall'isola d'Elba, a decretare l'abolizione immediata della schiavitù che nel 1802 aveva causato una vera guerra d'indipendenza a San Domingo con protagonista il celebre Toussaint Louverture

Il decreto abolizionistico napoleonico sarà confermato dal Congresso di Vienna con il Trattato di Parigi del 20 novembre 1815 ma in realtà non fu mai applicato durante l'età della Restaurazione. Tant'è che ancora nel 1834 nasceva la "Società francese per l'abolizione della schiavitù" presieduta da Victor de Broglie.

Victor Schoelcher, sottosegretario per la Marina e per le colonie, durante il governo provvisorio seguito in Francia alla Rivoluzione del 1848 fece adottare il decreto del 27 aprile dello stesso anno, sull'abolizione della schiavitù nelle colonie.


Medaglione ufficiale della Società Britannica contro lo Schiavismo Inghilterra[modifica | modifica wikitesto] Fin dal 1772 il giudice britannico Granville Sharp stabilisce il criterio che qualunque schiavo fuggito dalla colonie riesca a calcare il suolo inglese diverrà automaticamente un uomo libero. Nel 1783 i quaccheri inglesi promuovono la prima associazione per la liberazione degli schiavi(Abolition Society). Nel 1789 viene fondata la Society for Effecting the Abolition of the Slave Trade ("Società per l'abolizione della tratta"), un movimento abolizionista organizzato voluto, tra gli altri, dal deputato William Wilberforce e dall'attivista Thomas Clarkson, con il sostegno del primo ministro William Pitt. La Camera dei Comuni nel 1807 delibera il divieto di attracco nelle navi negriere nei porti inglesi e nel 1815 sarà la marina britannica, su mandato del Congresso di Vienna[6] a fare applicare il divieto internazionale della tratta degli schiavi. Nel 1833 il Parlamento inglese decreta la liberazione degli schiavi nelle colonie.

Paesi extraeuropei[modifica | modifica wikitesto]

Revista Ilustrada del 1880 riguardo a una campagna abolizionista

Il bando De Bono del 1935 che sopprimeva la schiavitù nel Tigrè (Etiopia)

Prima edizione de La capanna dello zio Tom 1770: Le società quacchere della Nuova Inghilterra proibiscono ogni pratica schiavistica.

1774: il Rhode Island abolisce la schiavitù.

1777: la schiavitù è abolita nel Vermont.

1789 (4 marzo): la Costituzione degli Stati Uniti entra in vigore e legittima lo schiavismo in un gran numero di stati in particolar modo del Sud. Uno dei suoi articoli permette ai proprietari di schiavi di calcolare il numero dei voti a partire dall'equazione 1 nero= 3/5 di un bianco.

1807: Gli Stati Uniti vietano l'importazione di schiavi.[7]

1820: la Female Anti-slavery Society americana denuncia lo schiavismo come pratica immorale.

1822: per iniziativa di filantropi statunitensi viene fondata in Africa una colonia di schiavi liberati chiamata Liberia che nel 1847 diviene uno dei primi stati africani indipendenti.

1832: viene fondata la "Società antischiavista americana"

1845: il governo federale degli Stati Uniti concede al Texas, entrato nella Confederazione di mantenere la sua legislazione schiavista: ne nasce un contrasto con gli Stati abolizionisti.

1847 (26 dicembre): l'Impero ottomano abolisce la schiavitù.

1852: viene pubblicato il romanzo di Harriet Beecher Stowe La capanna dello zio Tom che vende un milione e mezzo di copie, cifra notevolissima per l'epoca. Le tesi di un moderato abolizionismo condite da un superficiale umanitarismo hanno successo e diffondono l'abolizionismo presso l'opinione pubblica.

1854: il Venezuela sotto la presidenza di José Gregorio Monagas, inserisce nella Costituzione l'abolizione definitiva della schiavitù.

1859: in Virginia viene impiccato l'abolizionista bianco John Brown, reo di aver incitato alla rivolta gli schiavi neri delle piantagioni. Diverrà il martire dell'ideale abolizionista.

1865: ormai conclusa la Guerra di secessione il governo USA decreta la fine della schiavitù in tutta la nazione con il XIII emendamento alla Costituzione voluto da Abraham Lincoln (1809–1865), 16º Presidente degli Stati Uniti d'America. Fu il presidente che si adoperò per porre fine alla schiavitù, prima con la Proclamazione dell'Emancipazione (1863), che liberò gli schiavi negli Stati della Confederazione, e poi con la ratifica del Tredicesimo Emendamento della Costituzione Americana.

La posizione di Lincoln riguardo alla liberazione dalla schiavitù degli Afro-Americani è a tutt'oggi oggetto di controversie, nonostante la frequenza e la chiarezza con cui la sostenne sia prima della sua elezione come presidente (vedi Controversie Lincoln-Douglas del 1858) sia dopo (vedi Primo discorso inaugurale di Lincoln). Espose la sua posizione con forza e in brevi parole in una lettera a Horace Greeley del 22agosto 1862:


Abraham Lincoln « Io salverei l'Unione. La salverei nella maniera più rapida al cospetto della Costituzione degli Stati Uniti. Prima potrà essere ripristinata l'autorità nazionale, più simile sarà l'Unione "all'Unione che fu". Se ci fosse chi non desidera salvare l'Unione a meno di non poter al tempo stesso sconfiggere la schiavitù, io non sarei d'accordo con costoro. Il mio obiettivo supremo in questa battaglia è di salvare l'Unione, e non se porre fine o salvare la schiavitù. Se potessi salvare l'Unione senza liberare nessuno schiavo, io lo farei; e se potessi salvarla liberando tutti gli schiavi, io lo farei; e se potessi salvarla liberando alcuni e lasciandone altri soli, io lo farei anche in questo caso. Quello che faccio riguardo alla schiavitù, e alla razza di colore, lo faccio perché credo che aiuti a salvare l'Unione; e ciò che evito di fare, lo evito perché non credo possa aiutare a salvare l'Unione. Dovrò fermarmi ogni volta che crederò di star facendo qualcosa che rechi danno alla causa, e dovrò impegnarmi di più ogni volta che crederò che fare di più rechi giovamento alla causa. Dovrò provare a correggere gli errori quando dimostreranno d'essere errori; e dovrò adottare nuove vedute non appena mostreranno di essere vedute corrette...Ho sostenuto qui i miei propositi in accordo con il punto di vista dei miei obblighi ufficiali; e non ho intenzione di modificare la mia più volte ribadita volontà personale che tutti gli uomini possano essere liberi » In ogni caso, al momento in cui scrive questa lettera, Lincoln stava già andando verso l'emancipazione, cosa che avrebbe portato alla Proclamazione dell'emancipazione.

È inoltre rivelatoria la sua lettera scritta un anno dopo a James Conkling il 26 agosto 1863, che includeva il seguente estratto:

« C'è voluto più di un anno e mezzo per sopprimere la ribellione prima che fosse tenuta la proclamazione, gli ultimi cento giorni dei quali passati con l'esplicita coscienza che stava arrivando, senza essere avvertita da quelli in rivolta, ritornando alle loro faccende. La guerra è progredita in modo a noi favorevole dall'annuncio della proclamazione. So, per quanto sia possibile conoscere le opinioni degli altri, che alcuni comandanti delle nostre armate in campo, che ci hanno dato i successi più importanti, credono nella politica dell'emancipazione e l'uso delle truppe di colore costituisce il colpo più pesante finora sferrato alla Ribellione, e che almeno uno di questi importanti successi non sarebbe stato raggiunto se non fosse stato per l'aiuto dei soldati neri. Tra i comandanti che hanno queste opinioni ve ne sono alcuni che non hanno mai avuto alcuna affinità con quello che viene chiamato abolizionismo o con le politiche del partito repubblicano ma le sostengono dalla prospettiva puramente militare. Sottometto queste opinioni come intitolate ad una certa rilevanza contro le obiezioni spesso mosse che emancipare ed armare i neri siano scelte militari poco sagge e non siano state adottate come tali in buona fede. » 1888: l'imperatore del Brasile Pietro II abolisce lo schiavismo.

1926: la Società delle Nazioni stabilisce la fine della tratta e della schiavitù per tutti i paesi aderenti.

1935: l'Italia abolisce la schiavitù in Abissinia.

1980: la Mauritania è l'ultimo paese ad avere ufficialmente abolito la schiavitù.

Le motivazioni economiche dell'abolizionismo[modifica | modifica wikitesto]

Caricatura ottocentesca dell'abolizionismo Cause ideologiche ed economiche dell'abolizionismo possono essere ben identificate nella Guerra di secessione americana. Qui ai motivi religiosi e a quelli ideali umanitari della liberazione degli schiavi, nati in Europa in epoca illuminista e trasmigrati in America, si aggiunsero le motivazioni economiche che si svilupparono con il progresso industriale, che pretendeva che gli Stati Uniti avessero un sistema unitario della produzione. Al protezionismo degli stati industriali del nord, che si avvalevano del lavoro di operai salariati, si contrapponeva il regime liberoscambista degli stati agricoli schiavisti del Sud. Tra le cause della guerra emerse infatti la necessità per gli Stati del Nord di un'adeguata industrializzazione e modernizzazione dell'agricoltura in tutto il territorio nazionale con l'introduzione di macchine agricole e di un'agricoltura condotta con metodi industriali. In questo contesto non era tollerabile che l'agricoltura del Sud fosse incentrata soprattutto sulla monocoltura del cotone e che si utilizzasse ancora manodopera servile.

Lo schiavo era un cattivo affare, era l'illusione di un lavoro gratuito mentre richiedeva spese per il suo mantenimento in vita e per la sua sorveglianza; al contrario l'operaio salariato doveva cavarsela da solo per il suo mantenimento legato alla paga ricevuta. Numerosi economisti come Adam Smith, Sismondi avevano stimato che il costo della manodopera servile era superiore a quello della manodopera salariata: «L'esperienza di ogni tempo e luogo dimostra che il lavoro degli schiavi è in fin dei conti il più caro di tutti. Colui che non ha niente di proprio non può avere altro interesse che di mangiare il più possibile e di lavorare il meno possibile.»

La vittoria del Nord industriale e bancario non solo impose agli Stati del Sud la liberazione degli schiavi, atterrando la loro economia, e estese a tutti gli Stati della confederazione la propria politica protezionista, ma procedette, facendo le prime prove di una politica imperialistica interna, alla conquista dei mercati meridionali con un regime di tipo coloniale. Gli sconfitti rivolsero il loro risentimento sugli afroamericani che, pur legalmente affrancati, subirono una rigorosa segregazione e un terrorismo razzistico ad opera ad esempio del Ku Klux Klan.

Note[modifica | modifica wikitesto] ^ Marc Bloch, Comme et pourqoi finit l'esclavage antique trad. a cura di Trigari, Messina-Firenze, 1972 in A. Desideri, Storia e storiografia, vol.I, ed. D'Anna, Messina-Firenze, 1977, p. 29 e sgg. ^ M. Bloch, Op. cit. ^ La Civiltà cattolica, Anno XVI, Volume 102, Parte 4, pag.33 ^ I servizi a cui i servi della gleba erano obbligati, va precisato, a differenza della schiavitù, non avevano un carattere generico, ma erano precisamente definiti. Inoltre i servi della gleba, diversamente dagli schiavi, non venivano considerati "cose" ma persone, avevano il diritto alla proprietà privata, sebbene limitata ai beni mobili, potevano sposarsi, avere figli ai quali lasciare un'eredità. Il feudatario non aveva diritto sulla vita del servo della gleba che però poteva essere venduto insieme alla terra, su cui aveva il diritto-dovere di restare. ^ Singolare potrebbe essere considerato il fatto che il trattato di Sepùlveda, proibito nella Spagna del XVI secolo, fu pubblicato e ampiamente diffuso nell'Europa del 1892, quando cioè al colonialismo europeo faceva comodo rispolverare le tesi razzistiche e schiaviste del cronachista spagnolo. ^ La causa abolizionista fu perorata a Vienna, in occasione del congresso, dal viceammiraglio inglese William Sidney Smith ^ Testo della legge dal sito della Yale University. Bibliografia[modifica | modifica wikitesto] Lucio Anneo Seneca, Epistulae morales ad Lucilium (Testo disponibile) March Bloch, Comme et pourqoi finit l'esclavage antique trad. a cura di Trigari, Messina-Firenze, 1972 Rosario Romeo, Le scoperte americane nella coscienza italiana del Cinquecento, Ricciardi, Milano-Napoli, 1959 Istoria o Brevissima Relazione della Distruttione dell'Indie Occidentali di Mons. Reverendissimo Don Bartolomeo Dalle Case, Sivigliano dell'ordine dei Predicatori trad. di G. Castellani, Venezia, 1643 G. Gliozzi, La scoperta dei selvaggi. Antropologia e colonialismo da Colombo a Diderot, Principato, Milano, 1971 Laurette Séjourné, Antiguas culturas precolombinas, México, Siglo XXI de España editores, 1976. Bales Kevin, I nuovi schiavi. La merce umana nell'economia globale, traduzione di Maria Nadotti, Feltrinelli, Collana Universale Economica, Saggi, 2000. Schiavitù e abolizionismo nei film[modifica | modifica wikitesto] Queimada di Gillo Pontecorvo (1969) su le motivazioni economiche e politiche dell'abolizionismo. Mission di Roland Joffé (1986) sulle missioni in Sudamerica (reducciones) dei Gesuiti protettori degli Indios dai coloni schiavisti. Amistad di Steven Spielberg (1997) che narra degli inizi della causa abolizionista negli Stati Uniti. Amazing Grace di Michael Apted (2006) che tratta della figura storica di William Wilberforce e della sua campagna per l'abolizione della schiavitù. Django Unchained di Quentin Tarantino (2012) che racconta la storia di uno schiavo nero ambientata nel west Lincoln, di Steven Spielberg (2012) che racconta gli ultimi mesi di vita di Abraham Lincoln e dell'approvazione del 13° emendamento. Voci correlate[modifica | modifica wikitesto] Schiavismo Encomienda La rivoluzione francese e il problema della schiavitù e della discriminazione razziale Tratta degli schiavi africani Abolizione della tratta degli schiavi Altri progetti


Abolitionismus bezeichnet Lehren und Bestrebungen zur Abschaffung rechtlich institutionalisierter Zwangsverhältnisse - insbesondere der Sklaverei, der Todesstrafe und der Gefängnisse, bzw. des gesamten staatlichen Strafrechts- und Kriminaljustizsystems. Geistesgeschichtliche Hintergründe und mögliche Querverbindungen finden sich in der Naturrechtslehre, aber auch in Strömungen des Christentums (u.a. politischer Protestantismus), im Liberalismus, Anarchismus und Sozialismus/Kommunismus. Umstritten ist die Realisierbarkeit gefängnis- oder gar strafrechtssystem-freier Gesellschaften unter den heute vorherrschenden politisch-ökonomischen Bedingungen.

Definizioni

Der Begriff geht - über den deutschen Rechtsbegriff der Abolition und die Varianten im Englischen und in den romanischen Sprachen bis auf den seit der Kaiserzeit im alten Rom bekannten Rechtsbegriff der Abolitio und auf das Verb abolere (-evi, -itum; "vollständig abschaffen, beseitigen") zurück.

  • Das Prison Portal definiert Abolitionismus als Bezeichnung "für soziale Bewegungen, welche sich die Abschaffung (engl. abolition) unmenschlicher gesellschaftlicher Institutionen zum Ziel gesetzt haben. Zugleich ist es auch die Bezeichnung der solchen Bewegungen zugrundliegenden Theorie der Abschaffbarkeit derartiger Institutionen."
  • Die deutschsprachige Wikipedia versteht unter Abolitionismus in einem kriminalsoziologischen Sinne "einen theoretischen Ansatz, der den Verzicht auf die totale Institution des Gefängnisses bzw. in einem noch umfassenderen Sinne die Abschaffung des Strafrechts fordert" und erläutert: "Die kriminalsoziologischen Abolitionisten sind grundsätzlich der Meinung, dass der Staat nicht das richtige Organ sein kann, um die Art und Weise der Bestrafung festzusetzen. Ihrer Ansicht nach sollten das nähere Umfeld eines Täters oder eines Opfers die Möglichkeit haben, eine geeignete Reaktion festzusetzen. Bedeutende Vertreter des kriminologischen Abolitionismus sind Nils Christie, Thomas Mathiesen, Herman Bianchi und Louk Hulsman. Abolitionistische Organisationen sind etwa das Anarchist Black Cross."

Man kann den Begriff auch als Sammelbezeichnung sehen für

  • erstens bestimmte (historische) Bestrebungen zur Aufhebung rechtlich institutionalisierter Zwänge wie z.B. der Sklaverei oder der Todesstrafe
  • zweitens eine kriminalpolitische Strömung, die auf der Grundlage einer Fundamentalkritik des Strafrechts und seiner Begriffe ebenso wie seiner Verfahrensweisen und Institutonen eine Neudefinition von "Kriminalität" und auf alternative Formen der Konfliktregelung etwa im Sinne von restorative justice anstrebt (Abschaffung der Gefängnisse, bzw. des gesamten Strafrechtssystems), und
  • drittens eine theoretische Perspektive der Delegitimierung von Strafbegründungen, Strafpraktiken und Strafrechtssystemen.

Abolitionsbewegungen

Die Abolitionsbewegungen der Neuzeit entstammten meist dem anglo-amerikanischen politischen Protestantismus (Quäker, Mennoniten) und verfügen dort auch über eine ungebrochene Traditionslinie, während ihre kontinentaleuropäischen Gegenstücke und Ableger sich stärker aus den Quellen des Liberalismus und Sozialismus speisten, ohne allerdings in der Regel einen vergleichbaren Einfluss gewinnen zu können.

Sklaverei

Ziele

In der ersten Etappe (1787-1807) konzentrierte sich der Kampf gegen die Sklaverei auf den transatlantischen Menschenhandel, danach auf die Abschaffung der Sklaverei in den USA und überall sonst auf der Welt. Nachdem die USA die Sklaverei abgeschafft hatten (1865), folgte 1888 als letztes Land Brasilien.

Protagonisten

Von entscheidender Bedeutung war die in England von Thomas Clarkson, Granville Sharp u.a. gegründete Society for Effecting the Abolition of Slavery (Gesellschaft zur Abschaffung der Sklaverei; vgl. Hochschild 2005)).

Wichtige Daten

Der Slave Trade Act vom 25.03.1807 untersagte britischen Bürgern und Schiffen jeden Handel mit Sklaven und motivierte die britische Regierung zu einer heftigen Kampagne gegen jene Staaten, die weiterhin vom Transatlantik-Handel mit Afrikanern profitierten. Über den Verzicht aller anderen Staaten auf den Sklavenhandel hinaus verlangte Großbritannien das Recht, alle verdächtigen Schiffe zu untersuchen und die entdeckten Sklaventransporter zu beschlagnahmen. Während sich die USA, Dänemark, Schweden und Holland der Lage anpassten, wehrten sich Spanien, Portugal, Brasilien und Frankreich noch bis zur Mitte des 19. Jahrhunderts. Durch Geld wurden bis 1853 Portugal (über 3 Mio. Pfund) und Spanien (über 1 Mio. Pfund), durch robuste Drohungen (1852) die brasilianischen Sklavenhändler auf Linie gebracht. Frankreich hingegen, das sich 1815 pro forma zum Verbot der Sklavenschiffe bekannt hatte, führte selbst kaum Kontrollen durch und verweigerte vor allem auch aus Nationalstolz jede britische Kontrolle und profitierte auf diese Weise bis 1848 von einem ausgedehnten illegalen transatlantischen Sklavenhandel.

In der zweiten Etappe ging es um die Abschaffung der Sklavenhaltung und die Befreiung aller Sklaven selbst. Meilensteine des lange Zeit als utopisch verschrieenen Kampfes der Abolitionisten waren die Revolte von Nat Turner (1831), der Lynchmord am Sklavereigegner Elijah P. Lovejoy (1837), der Fugitive Slave Act (1850) und dessen literarische Skandalisierung durch den Roman "Onkel Toms Hütte" (1852), gefolgt von der Hinrichtung John Browns nach dem Überall auf Harper's Ferry (1859) und der Wahl Abraham Lincolns zum US-Präsidenten (1860). Die förmliche Aufhebung der Sklaverei erfolgte in England 1838, in den USA 1865 und in Brasilien 1888.

Prostitution

Als die Engländerin Josephine Butler (1828-1906) im Jahre 1875 die International Abolitionist Federation (I.A.F.) gründete, um die rechtliche Diskriminierung und Kriminalisierung der Prostituierten, wie sie nicht zuletzt in den berüchtigten Contagious Diseases Acts (1869 ff.) Ausdruck gefunden hatten, zu beenden, war der Anklang an den Kampf gegen die Sklaverei durchaus gewollt, sah man doch im Schicksal der Prostituierten so etwas wie eine "white slavery". Die deutsche Sektion der I.A.F. wurde 1898 gegründet und artikulierte sich ab 1902 in den Abolitionistischen Flugschriften sowie in der Zeitschrift Der Abolitionist. Während die sonstige I.A.F. sich auf das rein negative Ziel einer Befreiung der Prostituierten von Schikanierung und Kriminalisierung beschränkte, wollte die deutsche I.A.F. unter Anna Pappritz weniger die Repression als die Prostitution selbst bekämpfen und nur die brutalen Mittel des damaligen Rechts durch weichere und effektivere ersetzen. Grundsätzlich wurde die Prostitution mit dem Geschlechtskrankheitengesetz vom 17.02.1927 dann auch straflos gestellt, obwohl das Gesetz der Polizei noch eine ganze Reihe von Möglichkeiten zur Kriminalisierung beließ.

Todesstrafe

Für die Abschaffung der Todesstrafe hatte sich schon Cesare Beccaria (1764) ausgesprochen, dessen Lehren in Europa wie auch bei den Freiheitskämpfern in den späteren USA großer Beliebtheit erfreuten. Während die Bewegung gegen die Todesstrafe nach dem Zweiten Weltkrieg Erfolge in den meisten Ländern der Erde zeitigte, hat diese abolitionistische Bewegung ihr Ziel in den USA, China, Japan sowie vielen anderen asiatischen und in so gut wie allen islamischen Staaten nicht erreicht. Andererseits sind die entsprechenden Bewegungen durchaus aktiv (vgl. NCADP; Amnesty International).

Gefängnisse

Für die - bislang noch nirgendwo erfolgte - Abschaffung der Gefängnisse setzen sich mehrere (häufig religiös inspirierte) abolitionistische Gruppen ein. So etwa die britische Gruppe Radical Alternatives to Prison (RAP; Zeitschrift: The Abolitionist). 1983 wurde die International Conference on Prison Abolition (ICOPA) gegründet, die 1987 das Wort Prison durch Penal ersetzte. Vor allem in Skandinavien entstanden in den 1970er Jahren Vereinigungen, die sich die Abschaffung des Gefängnisses zur Aufgabe stellten. So der dänische Verein für humane Kriminalpolitik (KRIM), die schwedische Vereinigung für Strafvollzugsreform (KRUM) und der norwegische Verein für Kriminalreform (KROM). Letzterer hatte nicht zuletzt aufgrund des Engagements von Thomas Mathiesen (1974) und Nils Christie auch Einfluss auf Deutschland wie z.B. auf die Gründung des Vereins für eine bessere Kriminalpolitik (IbK) und des kriminalpolitischen Arbeitskreises in der Arbeitsgemeinschaft sozialpolitischer Arbeitskreise (KRAK in der AG SPAK). Michel Foucault wiederum engagierte sich zu der Zeit in der Gruppe Gefängnisinformation (GIP; Groupe d'Information sur les Prisons). Während diese Initiativen wenig greifbare Erfolge vorweisen konnten, hat sich an der Peripherie der westlichen Welt, speziell in Neuseeland und Australien, aber auch in Kanada, eine Bewegung der Restorative Justice etabliert, die nicht mehr auf Einschließungsmilieus setzt. Erfolge dieser Art belegen u.U. die Ansicht von Theoretikern wie Klaus Lüderssen (1984) und Gilles Deleuze (1990), dass sich die westlichen Gesellschaften bereits dem Ende der Epoche der Freiheitsstrafe nähern.

Strafrecht

Die abolitionistische Bewegung setzt nicht nur auf die Abschaffung der Freiheitsstrafe, sondern in manchen ihrer Facetten auch auf die Abschaffung aller Institution der Strafrechtspflege von der spezfisch strafrechtlichen Sprache über die Institution der Strafe bis hin zu den Straf- und Strafzwecktheorien. Nicht die Verletzung eines Strafgesetzes, sondern die Situation, in der zwischenmenschliche Verletzungen entstanden, sollen im Vordergrund stehen. Auch geht es nicht um die Identifikation eines schuldigen Täters und um dessen gerechte Bestrafung, sondern um die Frage der Verantwortlichkeit und der Möglichkeit einer Wiederherstellung verträglicher Lebensbedingungen für die Zukunft. Louk Hulsmans (1986) Kritik des Strafrechts umfasste u.a. folgende Punkte:

  • Das sog. Strafrechtssystem ist gar kein System im Sinne zweckgerichteter Kooperation zur Erreichung der postulierten Ziele. Es erreicht de facto seine postulierten Ziele nicht. Dominant sind Eigendynamiken und unintendierte Nebenfolgen. Beweis: die unmittelbaren Erfahrungen der unmittelbar Beteiligten. Wissenschaftliche Untersuchungen.
  • Die sog. Straftaten, also "kriminelle Ereignisse", unterscheiden sich nicht wesentlich von anderen "problematischen Ereignissen" im Leben der Menschen und verdienen deshalb auch keine spezielle Bezeichnung oder Reaktion - und schon gar keine staatlich monopolisierte Reaktion in Form der Kriminalstrafe. Weder die Eigenschaften der Personen ("Kriminelle") noch die Eigenschaften der Ereignisse oder Handlungen ("Straftaten") rechtfertigen eine spezialisierte Behandlung ("Bestrafung").

Kritik und Gegenkritk

Der häufigste Vorwurf an die Adresse von Abolitionisten ist der Utopie-Vorwurf. Der Gegenvorwurf an die Adresse der Kritiker wurde von Gerhard Mauz (1975: 7) formuliert: "Es muss nicht bis zum Ende aller Tage angeklagt und verurteilt werden. Über die Verstöße gegen unsere Vereinbarungen, die wir Gesetze nennen, als hätten wir sie wie Moses vom Berge herabgebracht, kann auch solidarisch verhandelt, sie können auch leidenschaftslos ausgetragen werden (so jedenfalls, dass nicht noch mehr Leid entsteht, so schon gelitten wird). - Es setzt dies nur voraus, dass wir darauf verzichten, über Menschen zu befinden; dass wir uns dazu entschließen, mit ihnen, für sie und damit auch für uns nach Lösungen zu trachten. - Eine Utopie? Eine Utopie ist wohl eher die Vorstellung, es könne unsere Mühe um den kAustrag der Konflikte, die im Zusammenhang mit unseren Vereinbarungen entstehen, für alle Zeit im Anklagen und Verurteilen am Ziel sein - in einem Richt, das über uns richtet. Eine Utopie ist doch wohl eher die Vorstellung, wir könnten für alle Zeit damit am Ziel sein, dass wir strafen."

Siehe auch

Literatur

  • Deleuze, Gilles (1990) Das elektronische Halsband (orig.: L'Autre Journal, 1, Mai 1990) http://www.nadir.org/nadir/archiv/netzkritik/postskriptum.html (06.03.09).
  • Hochschild, Adam (2005) Bury the Chains. The British Struggle to Abolish Slavery. New York: Houghton Mifflin 2005.
  • Hulsman, Louk H.C. (1986) Critical criminology and the concept of crime. Contemporary Crises 10: 63-79.
  • Mathiesen, Thomas (1974) The Politics of Abolition. London.
  • Mathiesen, Thomas: The Abolitionist Stance
  • Mauz, Gerhard (1975) Das Spiel von Schuld und Sühne. Die Zukunft der Strafjustiz. Düsseldorf, Köln.
  • Sebastian Scheerer, "Abolitionismus". In: R. Sieverts, H.J. Schneider, Hg., Handwörterbuch der Kriminologie. In völlig neu bearb. zweiter Auflage, Band 5, Berlin: de Gruyter: 1991: 289-301 (S. 289).