Buongiorno. Mi chiamo Sebastian Scheerer. Ho insegnato all'università de Hamburgo in Germania fino al questo anno e ora sono andato in pensione. Questo fatto me ha permisso di cominciare a imparare italiano con professore Simone due settimane fa.

Come sapete passeremo insieme i prossimi due giorni.

Oggi vorrei presentare il mio schema e parlare un pò dei concetti e della storia dell'abolizionismo.

Domani vorrei discutere l'abolizionismo penale nelle sue molteplice forme.

Concetti

Abolizionismo

Il termine abolizionismo può referirse tanto a un fenomeno storico-politico (l'abolizione della schiavitù nei seculi diciottesimo e dicianovesimo) quanto, genericamente, a ogni movimiento e ogni concetto teorico che ha come obiettivo di superare alcune istituzioni del diritto considerate repressive e ingiuste.

Il termine viene genericamente usato anche in riferimento a quelle correnti di pensiero o movimenti politici e sociali che si battono per l'abolizione di leggi, costumi o consuetudini ritenute non più adeguate ai tempi e ingiuste (it.wikipedia: abolizionismo)

È un'istanza morale basata su considerazioni umanitarie che emergono nella cultura illuministica o cristiana. Un'instanza negativa che revendicha di farla finita con qualcosa considerata ingiusta e inumana come, per essempio, con el commercio degli schiavi e la schiavitù. Questo movimento nasce e si sviluppa in Europa e in America tra la fine del secolo XVIII e il secolo XIX.

Il termine se utilizza anche per la domanda di abolire altri elementi repressive e ingiuste nel diritto e nel stato. Storicamente, per essempio, si parlava in particolare di abolizionismo nel caso dei movimenti che

  1. negli anni sessanta del secolo dicianovesimo in Inghilterra che sostenavano la necessità dell'abolizione della regolamentazione della prostituzione, e
  2. negli anni trenta del secolo vigesimo negli Stati Uniti la necessità di porre fine a quelle leggi che proibivano l'uso di bevande alcoliche (proibizionismo), e - finalmente -
  3. si parlava di abolizionismo riferindose alla pena di morte, al carcere e al diritto penale (abolizionismo penale).

Abolitio nel diritto romano

Semantic and conceptual sources of abolitionism can be found in the institution of abolitio (from abolire, aboleō abolēs, abolet) in Roman Law.

The abolitio freed accused people before the verdict, it simply stopped the prosecution. In this sense, it was a liberating institution.

There were three three types of abolitions: ex lege, privata, publica.

Earlier scholars (Theodor Mommsen) seem to have underestimated the social and political relevance of this institution in Roman times.

Recent re-assessments revealed the important role that abolitiones played. Especially the abolitio publica fulfilled a double function:

  1. relieving the criminal justice system of the burden of unresolved cases
  2. creating thankfulness to the Emperor for his clemency (=legitimacy) in contrast to the terrifying criminal law (= executive clemency vs. terrorizing courts).

Therefore, abolitiones publicae were quite an effective means of legitimizing the respective rulers.

Small wonder that even after the fall of the Roman Empire, rulers held on to their privilege of extending clemency to accused and to sentenced subjects. The right to stop a court proceeding before a sentence was reached was called the (rulers') "right of abolition" (Abolitionsrecht). An example was the abolition granted to the sculptor Benvenuto Cellini by pope Paul III (in 1534).

The right of abolition only began to vanish with the end of the era of absolute monarchies in Europe (1648-1789).

Typisch war die Verbindung eines sehr strengen Strafrechts mit einer großzügigen Gnadenpraxis. Insbesondere der Amtsantritt eines neuen Kaisers war regelmäßig Anlaß, um eine Amnestie und eine abolitio publica zu verkünden. Das steigerte die Beliebtheit des Herrschers. Mit der abolitio publica wurden alle Anklagen (mit Ausnahme schwerster Verbrechensvorwürfe) von Staats aus Anlass eines Festes oder freudigen Ereignisses vom Senat (oder vom Kaiser) aufgehoben. Ehebruchsverfahren gegen inhaftierte Sklaven wurden allerdings trotz einer abolitio publica weitergeführt und in Untersuchungshaft befindliche Sklaven waren von abolitiones sowieso ausgenommen. Am stärksten profitierten von den Abolitionen die Angehörigen der Oberschicht.

Lettres d'abolition nel Vecchio Regime

In the Ancien Régime, the right of abolition was incorporated in the royal lettres de justice; lettres de cachet and lettres d’abolition. Sealed royal letters contained orders that could not be subjected to any legal process, i.e. they were absolute and finite decisions. They were instruments for all kinds of interests. In 1680, e.g., the Comédie Française was founded by an order contained in a lettre de cachet. Today, they are best known for their politically repressive function. One of the reasons for this was the campaign against the lettres de cachet started by French philosopher and writer Voltaire. These letters became a prominent symbol of the abuses of the monarchy, and as such were suppressed during the French Revolution. This obscures the fact that their primary function was social, not political, and that the kings themselves tried to curtail their inflationary use. From 1741 to 1775, there were almost 20 000 such letters. In Brittany, the yearly average went from 10 between 1735 and 1750 to 20 to 40 between 1778 and 1789. Political questions were only touched upon by some 5% of all such letters.

The so called lettres d‘abolition freed accused persons from all legal proceedings, but in spite of this liberating character of theirs they attracted the same kind of dislike as the other lettres de cachet.

Ordonnance criminelle de 1670 (title 16, Des lettres d'abolition, rémission, pardon, pour ester à droit, rappel de ban ou de galères, commutation de peine, réhabilitation et révision de procès):

Lettres d'abolition sont celles que le roi remet à l'auteur d'un crime non rémissible et par lesquelles le roi abolit la peine dont l'auteur du crime est passible. L'article 4 du titre 16 dispose qu'il ne sera pas accordé de lettre d'abolition en cas de duel, d'assassinat, de rapt avec violence ou encore d'excès contre les magistrats ou auxiliaires de justice, ni aux principaux coupables, ni à ceux qui les auraient aidés.

Diritto Romano: tra dei tre tipi della istituzione della abolitio - ex lege, privata e publica - il ultimo era lo più importante.


Der strafrechtliche Abolitionismus bezeichnet Lehren und Bestrebungen zur Abschaffung kriminalrechtlich institutionalisierter Zwangsverhältnisse - der Todesstrafe, der Gefängnisse und gelegentlich auch des gesamten staatlichen Strafrechts- und Kriminaljustizsystems.

Il dibattito sull'abolizionismo nel Cinquecento

Nel mondo antico, che definiva giuridicamente lo schiavo neppure un animale ma un "istrumentum vocale", un utensile provvisto di voce, la volontà di trattare umanamente gli schiavi o addirittura di abolire la schiavitù era presente in filosofi come Seneca che riteneva essere la schiavitù una istituzione priva di ogni base giuridica, naturale e razionale. Per questo, diceva, gli schiavi vanno trattati come tutti gli altri esseri umani («servi sunt, immo homines» sono servi anzi uomini) e così per le differenze sociali: "Che significa cavaliere, liberto, schiavo. Sono parole nate dall'ingiustizia." (Epistole, 31). Ma in fondo, aggiungeva, la vera schiavitù è quella che assoggetta gli uomini alle passioni e ai vizi. Tutti noi siamo schiavi spiritualmente e solo la filosofia può liberarci. Quindi vi è nel mondo un'ingiustizia di fondo verso cui è inutile ribellarsi.

Il supremo valore dell'uguaglianza di tutti gli uomini per cui lo schiavo è pari al suo padrone venne proclamato dal Cristianesimo, ma nella pratica il principio religioso venne a scontrarsi con le strutture sociali che da secoli codificavano la schiavitù, su cui si basava l'intero sistema economico, e dové necessariamente adattarsi al compromesso per cui gli schiavi rimasero tali di fatto e di diritto.

Del resto tutte le storture della società erano la conseguenza del peccato originale. Scriveva l'abate Smaragdo di Saint-Mihiel sotto Luigi il Pio «Non è la natura che ha fatto gli schiavi è la colpa» e allo stesso modo nel VI secolo Isidoro di Siviglia: «La schiavitù è un castigo inflitto all'umanità dal peccato del primo uomo», e

« Poiché la vita presente non è che un luogo di passaggio transitorio e cattivo per definizione , poiché il grande problema di quaggiù è di prepararsi alla Vita Eterna, intraprendere una riforma da capo a fondo dell'ordine sociale stabilito nella speranza di portare il trionfo di una felicità di per sé impossibile, non potrebbe essere che un'opera vana; assai di più uno sperpero sacrilego di forze che dovevano essere riservate per un compito più urgente e più alto... »

La Chiesa stessa quindi, diventata un'istituzione, possedeva un gran numero di schiavi e se qualcuno, in aderenza alla parola evangelica, voleva mettere in pratica il principio cristiano dell'eguaglianza in Cristo di tutti gli uomini, questi andava severamente condannato. Nel concilio di Granges (324) si affermava: «Se qualcuno sotto il pretesto della pietà, spinge lo schiavo a disprezzare il suo padrone, a sottrarsi alla schiavitù, a non servire con buona volontà e rispetto, che egli sia scomunicato».

Un problema particolare si poneva poi alla Chiesa riguardo alla possibilità degli schiavi di essere consacrati al sacerdozio: cosa da tutti ritenuta impossibile poiché un uomo come lo schiavo sottoposto secondo la legge al potere assoluto di un padrone non avrebbe avuto l'indipendenza e la libertà necessaria a chi dispensava i sacramenti.

In questo modo la Chiesa confermava l'accettazione della schiavitù ma nello stesso tempo introducendo validità religiosa ai matrimoni contratti dagli schiavi e promuovendo la pia pratica dell'affrancamento, non un dovere ma un atto raccomandabile, contribuiva concretamente all'abolizione della schiavitù che ad opera dei re cristiani sparì quasi del tutto in Europa alla fine del X secolo pur sopravvivendo però quella forma di transizione dalla condizione di schiavo a quella di libero rappresentata dalla servitù della gleba che permase in Europa sino al XIX secolo quando fu abolita con l'emancipazione decisa in Russia nel 1861 dallo zar Alessandro II.

La Chiesa con papa Gregorio XVI aveva già nel 1839 proclamato l'abolizione dello schiavismo.

Si tornò in Europa a discutere di abolizione della schiavitù con la scoperta del Nuovo Mondo che entrò a far parte dell'Impero spagnolo. Carlo V nel decreto del 1526, su parere del Consiglio Reale delle Indie, istituito per la protezione degli Indios, proibiva la schiavitù in tutto l'Impero.

Il 2 giugno del 1537, papa Paolo III in una sua lettera Veritas ipsa indirizzata al cardinale Jean de Tavera, arcivescovo di Toledo, dichiarava che gli Amerindi sono esseri umani che hanno diritto alla libertà e alla proprietà condannando decisamente la pratica della schiavitù: argomenti questi ribaditi ufficialmente, quasi con le stesse parole, con la bolla pontificia Sublimis Deus pubblicata pochi giorni dopo.

La scoperta del Nuovo Mondo aveva infatti posto nuovi problemi teologici alla Chiesa. «Già la stessa esistenza della popolazione americana su terre così lontane da ogni altro continente conosciuto faceva sorgere la questione di spiegarne l'origine e il passaggio sul Nuovo Mondo in maniera conforme al racconto della Genesi...» e d'altra parte veniva a mancare «...quella che era stata una convinzione unanime dei teologi medioevali che cioè non esistesse alcun paese al mondo in cui il Vangelo non fosse stato predicato» (R. Romeo, Le scoperte americane nella coscienza italiana del Cinquecento, Ricciardi, Milano-Napoli, 1959)

Si trattava di stabilire «quali possibilità di salvezza avesse l'uomo virtuoso rimasto nell'ignoranza della religione» (op.cit.ibidem)

La Chiesa rispose in maniera straordinariamente moderna sostenendo che anche i popoli rimasti fuori della Chiesa potevano partecipare della salvezza grazie all'assistenza diretta dell'Onnipotente. Il che voleva dire affermare la fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini e di tutte le nazioni così come avrebbe sostenuto il frate Bartolomeo de Las Casas che difendendo l'indigeno americano difendeva l'uomo in quanto tale.

Nonostante le leggi protettive delle popolazioni d'America continuò lo sfruttamento degli Indios al punto che fin dal 1516 (milcinquecentodiecisei) il frate Las Casas per evitarne l'estinzione totale si era fatto promotore del trasferimento in America dei negri dell'Africa e ciò veniva auspicato anche per motivazioni economiche in quanto i negri apparivano assai più idonei a resistere alle fatiche. Era chiaro anche che con i massacri degli Indios: «Vostra Maestà e la sua reale corona perdono grandi tesori e ricchezze che in tutta giustizia potrebbero ottenere , tanto dai vassalli indiani, quanto dalla popolazione spagnola, che se lasciasse vivere gli indiani, diverrebbe grande e potente, il che non sarà possibile se gli indiani muoiono».

Si stabilì così che ad ogni colono spagnolo fosse concesso il diritto di importare dodici negri africani con l'obbligo di liberare e rimandare i suoi indiani ai loro villaggi e a quello che rimaneva delle loro terre. «Di questo consiglio il prete Las Casas si pentì grandemente, poiché poté vedere e constatare che la cattività dei Negri è altrettanto ingiusta che quella degli Indiani...che l'ignoranza in cui si trovava e la sua buona volontà lo facciano perdonare dal giudizio divino...» (Istoria o Brevissima Relazione della Distruttione dell'Indie Occidentali di Mons. Reverendissimo Don Bartolomeo Dalle Case, Sivigliano dell'ordine dei Predicatori trad. di G.Castellani, Venezia, 1643)

La Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie occidentali che il Las Casas inviò al re di Spagna nel 1542 denunciando il genocidio degli Indios causò l'accesa reazione dei coloni che, accusandolo di aver tradito la sua razza e la sua religione, lo costrinsero a lasciare la sua diocesi di Chiapas e a ritornare in Spagna.

Le tesi di Juan Ginés de Sepúlveda[modifica | modifica wikitesto]

Di fronte alla relazione di Bartolomeo De Las Casas, la Spagna fu scossa da un vasto dibattito tra i sostenitori della schiavitù e gli "abolizionisti". A sostegno dei primi un alto funzionario, il cronachista imperiale Juan Ginés de Sepúlveda scrisse nel 1547 un Trattato sopra le giuste cause della guerra contro gli indi (in G. Gliozzi, La scoperta dei selvaggi. Antropologia e colonialismo da Colombo a Diderot, Principato, Milano, 1971)

Secondo Sepùlveda, rifacendosi anche all'autorità di Aristotele, gli Indios non sono uomini ma omuncoli, servi per natura. La loro essenza umana è tale da destinarli inesorabilmente a divenire schiavi. Essi nascono come servi in potenza che diverranno prima o poi schiavi in atto e che proprio «...per la loro condizione naturale , sono tenuti all'obbedienza, in quanto il perfetto deve dominare sull'imperfetto.». Le prove di questa loro inferiorità naturale risiedono nel fatto che essi sono privi di cultura e di leggi scritte, che per loro ignavia si sono lasciati conquistare da un così piccolo numero di spagnoli e che infine anche quelli ritenuti i più civili tra loro, gli Aztechi eleggono i loro re invece di più civilmente designarli per successione ereditaria.

«Le idee esposte da Sepùlveda» scrisse Laurette Séjourné, archeologa ed etnologa francese «furono biasimate dalle autorità stesse che avevano sollecitato l'aiuto del casista e il manoscritto fu successivamente rifiutato dal Consiglio delle Indie e dal Consiglio Reale, dopo che le venerabili Università di Salamanca e di Alcalà ebbero dichiarato l'opera indesiderabile «per la sua dottrina malsana» (in Antiguas culturas precolombinas, México, Siglo XXI de España editores, 1976.)

Ma data la buona volontà del governo spagnolo per un umano trattamento degli Indios cosa nella pratica lo impediva? Innanzitutto era lo stesso sistema dell'encomienda, cioè dell'assegnazione ai coloni spagnoli non solo della piena disponibilità della terra ma anche degli indios che vi risiedevano con l'obbligo teorico dell'assistenza e della conversione al Cristianesimo. Inoltre data l'impossibilità di applicare il sistema feudale alle popolazioni americane l'ipotetico diritto dell'indio, vittima di angherie e crudeltà, di chiedere giustizia ad un'autorità superiore a quella del colono suo padrone, era possibile solo con un appello diretto al lontanissimo imperatore in Spagna, al Consiglio reale e supremo delle Indie corte suprema di giustizia per tutte le cause civili e penali dei regni americani.

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Abolizione della tratta degli schiavi. Non a caso l'abolizionismo, come movimento politico comincia a tradursi in concreti atti di legge a cominciare dal 1700 contemporaneamente alla diffusione delle idee illuministiche di libertà e uguaglianza di tutti gli uomini.

Francia[modifica | modifica wikitesto] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Abolizionismo e Illuminismo.

Le motivazioni economiche dell'abolizionismo[modifica | modifica wikitesto]

Caricatura ottocentesca dell'abolizionismo

Cause ideologiche ed economiche dell'abolizionismo possono essere ben identificate nella Guerra di secessione americana. Qui ai motivi religiosi e a quelli ideali umanitari della liberazione degli schiavi, nati in Europa in epoca illuminista e trasmigrati in America, si aggiunsero le motivazioni economiche che si svilupparono con il progresso industriale, che pretendeva che gli Stati Uniti avessero un sistema unitario della produzione. Al protezionismo degli stati industriali del nord, che si avvalevano del lavoro di operai salariati, si contrapponeva il regime liberoscambista degli stati agricoli schiavisti del Sud. Tra le cause della guerra emerse infatti la necessità per gli Stati del Nord di un'adeguata industrializzazione e modernizzazione dell'agricoltura in tutto il territorio nazionale con l'introduzione di macchine agricole e di un'agricoltura condotta con metodi industriali. In questo contesto non era tollerabile che l'agricoltura del Sud fosse incentrata soprattutto sulla monocoltura del cotone e che si utilizzasse ancora manodopera servile.

Lo schiavo era un cattivo affare, era l'illusione di un lavoro gratuito mentre richiedeva spese per il suo mantenimento in vita e per la sua sorveglianza; al contrario l'operaio salariato doveva cavarsela da solo per il suo mantenimento legato alla paga ricevuta. Numerosi economisti come Adam Smith, Sismondi avevano stimato che il costo della manodopera servile era superiore a quello della manodopera salariata: «L'esperienza di ogni tempo e luogo dimostra che il lavoro degli schiavi è in fin dei conti il più caro di tutti. Colui che non ha niente di proprio non può avere altro interesse che di mangiare il più possibile e di lavorare il meno possibile.»

La vittoria del Nord industriale e bancario non solo impose agli Stati del Sud la liberazione degli schiavi, atterrando la loro economia, e estese a tutti gli Stati della confederazione la propria politica protezionista, ma procedette, facendo le prime prove di una politica imperialistica interna, alla conquista dei mercati meridionali con un regime di tipo coloniale. Gli sconfitti rivolsero il loro risentimento sugli afroamericani che, pur legalmente affrancati, subirono una rigorosa segregazione e un terrorismo razzistico ad opera ad esempio del Ku Klux Klan.

Bibliografia

  • Bales Kevin, I nuovi schiavi. La merce umana nell'economia globale, traduzione di Maria Nadotti, Feltrinelli, Collana Universale Economica, Saggi, 2000.
  • Deleuze, Gilles (1990) Das elektronische Halsband (orig.: L'Autre Journal, 1, Mai 1990) http://www.nadir.org/nadir/archiv/netzkritik/postskriptum.html (06.03.09).
  • G. Gliozzi, La scoperta dei selvaggi. Antropologia e colonialismo da Colombo a Diderot, Principato, Milano, 1971
  • Hochschild, Adam (2005) Bury the Chains. The British Struggle to Abolish Slavery. New York: Houghton Mifflin 2005.
  • Hulsman, Louk H.C. (1986) Critical criminology and the concept of crime. Contemporary Crises 10: 63-79.
  • Istoria o Brevissima Relazione della Distruttione dell'Indie Occidentali di Mons. Reverendissimo Don Bartolomeo Dalle Case, Sivigliano dell'ordine dei Predicatori trad. di G. Castellani, Venezia, 1643
  • International Conference on Penal Abolition
  • Laurette Séjourné, Antiguas culturas precolombinas, México, Siglo XXI de España editores, 1976.
  • Lucio Anneo Seneca, Epistulae morales ad Lucilium (Testo disponibile)
  • March Bloch, Comme et pourqoi finit l'esclavage antique trad. a cura di Trigari, Messina-Firenze, 1972
  • Mathiesen, Thomas (1974) The Politics of Abolition. London.
  • Mathiesen, Thomas: The Abolitionist Stance
  • Mauz, Gerhard (1975) Das Spiel von Schuld und Sühne. Die Zukunft der Strafjustiz. Düsseldorf, Köln.
  • Mission di Roland Joffé (1986) sulle missioni in Sudamerica (reducciones) dei Gesuiti protettori degli Indios dai coloni schiavisti.
  • Queimada di Gillo Pontecorvo (1969) su le motivazioni economiche e politiche dell'abolizionismo.

Filmografie

  • Amistad di Steven Spielberg (1997) che narra degli inizi della causa abolizionista negli Stati Uniti.
  • Amazing Grace di Michael Apted (2006) che tratta della figura storica di William Wilberforce e della sua campagna per l'abolizione della schiavitù.
  • Django Unchained di Quentin Tarantino (2012) che racconta la storia di uno schiavo nero ambientata nel west
  • Lincoln, di Steven Spielberg (2012) che racconta gli ultimi mesi di vita di Abraham Lincoln e dell'approvazione del 13° emendamento.

Voci correlate