Abolizionismo 1.1: Unterschied zwischen den Versionen

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La Chiesa stessa quindi, diventata un'istituzione, possedeva un gran numero di schiavi e se qualcuno, in aderenza alla parola evangelica, voleva mettere in pratica il principio cristiano dell'eguaglianza in Cristo di tutti gli uomini, questi andava severamente condannato. Nel concilio di Granges (324) si affermava: «Se qualcuno sotto il pretesto della pietà, spinge lo schiavo a disprezzare il suo padrone, a sottrarsi alla schiavitù, a non servire con buona volontà e rispetto, che egli sia scomunicato».
La Chiesa stessa quindi, diventata un'istituzione, possedeva un gran numero di schiavi e se qualcuno, in aderenza alla parola evangelica, voleva mettere in pratica il principio cristiano dell'eguaglianza in Cristo di tutti gli uomini, questi andava severamente condannato. Nel concilio di Granges (324) si affermava: «Se qualcuno sotto il pretesto della pietà, spinge lo schiavo a disprezzare il suo padrone, a sottrarsi alla schiavitù, a non servire con buona volontà e rispetto, che egli sia scomunicato».


Un problema particolare si poneva poi alla Chiesa riguardo alla possibilità degli schiavi di essere consacrati al sacerdozio: cosa da tutti ritenuta impossibile poiché un uomo come lo schiavo sottoposto secondo la legge al potere assoluto di un padrone non avrebbe avuto l'indipendenza e la libertà necessaria a chi dispensava i sacramenti.
:Un problema particolare si poneva poi alla Chiesa riguardo alla possibilità degli schiavi di essere consacrati al sacerdozio: cosa da tutti ritenuta impossibile poiché un uomo come lo schiavo sottoposto secondo la legge al potere assoluto di un padrone non avrebbe avuto l'indipendenza e la libertà necessaria a chi dispensava i sacramenti.


In questo modo la Chiesa confermava l'accettazione della schiavitù ma nello stesso tempo introducendo validità religiosa ai matrimoni contratti dagli schiavi e promuovendo la pia pratica dell'affrancamento, non un dovere ma un atto raccomandabile, contribuiva concretamente all'abolizione della schiavitù che ad opera dei re cristiani sparì quasi del tutto in Europa alla fine del X secolo pur sopravvivendo però quella forma di transizione dalla condizione di schiavo a quella di libero rappresentata dalla servitù della gleba che permase in Europa sino al XIX secolo quando fu abolita con l'emancipazione decisa in Russia nel 1861 dallo zar Alessandro II.
In questo modo la Chiesa confermava l'accettazione della schiavitù ma nello stesso tempo introducendo validità religiosa ai matrimoni contratti dagli schiavi e promuovendo la pia pratica dell'affrancamento, non un dovere ma un atto raccomandabile, contribuiva concretamente all'abolizione della schiavitù che ad opera dei re cristiani sparì quasi del tutto in Europa alla fine del X secolo pur sopravvivendo però quella forma di transizione dalla condizione di schiavo a quella di libero rappresentata dalla servitù della gleba che permase in Europa sino al XIX secolo quando fu abolita con l'emancipazione decisa in Russia nel 1861 dallo zar Alessandro II.


La Chiesa con papa Gregorio XVI aveva già nel 1839 proclamato l'abolizione dello schiavismo.
:La Chiesa con papa Gregorio XVI aveva già nel 1839 proclamato l'abolizione dello schiavismo.


Si tornò in Europa a discutere di abolizione della schiavitù con la scoperta del Nuovo Mondo che entrò a far parte dell'Impero spagnolo. Carlo V nel decreto del 1526, su parere del Consiglio Reale delle Indie, istituito per la protezione degli Indios, proibiva la schiavitù in tutto l'Impero.
Si tornò in Europa a discutere di abolizione della schiavitù con la scoperta del Nuovo Mondo che entrò a far parte dell'Impero spagnolo. Carlo V nel decreto del 1526, su parere del Consiglio Reale delle Indie, istituito per la protezione degli Indios, proibiva la schiavitù in tutto l'Impero.
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La Chiesa rispose in maniera straordinariamente moderna sostenendo che anche i popoli rimasti fuori della Chiesa potevano partecipare della salvezza grazie all'assistenza diretta dell'Onnipotente. Il che voleva dire affermare la fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini e di tutte le nazioni così come avrebbe sostenuto il frate Bartolomeo de Las Casas che difendendo l'indigeno americano difendeva l'uomo in quanto tale.
La Chiesa rispose in maniera straordinariamente moderna sostenendo che anche i popoli rimasti fuori della Chiesa potevano partecipare della salvezza grazie all'assistenza diretta dell'Onnipotente. Il che voleva dire affermare la fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini e di tutte le nazioni così come avrebbe sostenuto il frate Bartolomeo de Las Casas che difendendo l'indigeno americano difendeva l'uomo in quanto tale.


=== Bartolomé de las Casas ===
Nonostante le leggi protettive delle popolazioni d'America continuò lo sfruttamento degli Indios al punto che fin dal 1516 (milcinquecentodiecisei) il frate Las Casas per evitarne l'estinzione totale si era fatto promotore del trasferimento in America dei negri dell'Africa e ciò veniva auspicato anche per motivazioni economiche in quanto i negri apparivano assai più idonei a resistere alle fatiche.
Nonostante le leggi protettive delle popolazioni d'America continuò lo sfruttamento degli Indios al punto che fin dal 1516 (milcinquecentodiecisei) il frate Las Casas per evitarne l'estinzione totale si era fatto promotore del trasferimento in America dei negri dell'Africa e ciò veniva auspicato anche per motivazioni economiche in quanto i negri apparivano assai più idonei a resistere alle fatiche.
Era chiaro anche che con i massacri degli Indios: «Vostra Maestà e la sua reale corona perdono grandi tesori e ricchezze che in tutta giustizia potrebbero ottenere , tanto dai vassalli indiani, quanto dalla popolazione spagnola, che se lasciasse vivere gli indiani, diverrebbe grande e potente, il che non sarà possibile se gli indiani muoiono».
 
Era chiaro anche che con i massacri degli Indios:
 
:''«Vostra Maestà e la sua reale corona perdono grandi tesori e ricchezze che in tutta giustizia potrebbero ottenere, tanto dai vassalli indiani, quanto dalla popolazione spagnola, che se lasciasse vivere gli indiani, diverrebbe grande e potente, il che non sarà possibile se gli indiani muoiono».''


Si stabilì così che ad ogni colono spagnolo fosse concesso il diritto di importare dodici negri africani con l'obbligo di liberare e rimandare i suoi indiani ai loro villaggi e a quello che rimaneva delle loro terre.
Si stabilì così che ad ogni colono spagnolo fosse concesso il diritto di importare dodici negri africani con l'obbligo di liberare e rimandare i suoi indiani ai loro villaggi e a quello che rimaneva delle loro terre.
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La Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie occidentali che il Las Casas inviò al re di Spagna nel 1542 denunciando il genocidio degli Indios causò l'accesa reazione dei coloni che, accusandolo di aver tradito la sua razza e la sua religione, lo costrinsero a lasciare la sua diocesi di Chiapas e a ritornare in Spagna.
La Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie occidentali che il Las Casas inviò al re di Spagna nel 1542 denunciando il genocidio degli Indios causò l'accesa reazione dei coloni che, accusandolo di aver tradito la sua razza e la sua religione, lo costrinsero a lasciare la sua diocesi di Chiapas e a ritornare in Spagna.


Le tesi di Juan Ginés de Sepúlveda[modifica | modifica wikitesto]
=== Juan Ginés de Sepúlveda ===


Di fronte alla relazione di Bartolomeo De Las Casas, la Spagna fu scossa da un vasto dibattito tra i sostenitori della schiavitù e gli "abolizionisti". A sostegno dei primi un alto funzionario, il cronachista imperiale Juan Ginés de Sepúlveda scrisse nel 1547 un Trattato sopra le giuste cause della guerra contro gli indi (in G. Gliozzi, La scoperta dei selvaggi. Antropologia e colonialismo da Colombo a Diderot, Principato, Milano, 1971)
Di fronte alla relazione di Bartolomeo De Las Casas, la Spagna fu scossa da un vasto dibattito tra i sostenitori della schiavitù e gli "abolizionisti". A sostegno dei primi un alto funzionario, il cronachista imperiale Juan Ginés de Sepúlveda scrisse nel 1547 un Trattato sopra le giuste cause della guerra contro gli indi (in G. Gliozzi, La scoperta dei selvaggi. Antropologia e colonialismo da Colombo a Diderot, Principato, Milano, 1971)
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